Berlinguer Enrico
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Biografia di Enrico Berlinguer
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Enrico Berlinguer nacque alle tre del mattino di giovedì 25 maggio 1922 a Sassari. La sua infanzia fu segnata dal progredire della malattia della madre, un’encefalite letargica che le provocava deformazione fisica, distruzione del sistema nervoso e confusione mentale, e che l’avrebbe condotta alla morte nel 1936, dopo un decennio dall’inizio delle sofferenze.
Suo fratello Giovanni raccontò che Enrico in fase adolescenziale coltivava la passione per i libri di filosofia, affermazione confermata da lui stesso in un’intervista del 1980: “Se mi chiede che cosa volevo fare da ragazzo e cioè prima di darmi alla politica, le rispondo il filosofo”.
Il giovane Enrico destò una buona impressione e in breve ottenne un impiego nel PCI come funzionario dirigente del lavoro giovanile nella Federazione romana, a 400 lire al mese. Enrico si trasferì a Roma insieme al fratello Giovanni e al padre e a novembre iniziò a lavorare nel movimento giovanile, che aveva sede in due appartamenti di via Nazionale 243 ed era al tempo diretto dal ventisettenne Michelino Rossi e dal venticinquenne Giulio Spallone. Si occupò inizialmente dell’ambito sindacale, poi divenne vicepresidente nazionale del movimento giovanile. Dal 18 al 23 marzo 1975 si svolse al Palazzo dello Sport di Roma il XIV Congresso del PCI, ribattezzato dai giornali il “congresso del compromesso storico”, ma già nella seconda giornata dei lavori Amintore Fanfani decise di ritirare la delegazione DC a causa delle ingerenze nelle elezioni portoghesi da parte del PCI: il partito italiano aveva infatti avuto un ruolo nella decisione del Consiglio militare della rivoluzione di escludere dalla consultazione il Partito democratico cristiano, responsabile di un tentato golpe.
Alle Elezioni politiche svoltesi domenica 20 e lunedì 21 giugno uscirono vincitori sia la DC che il PCI: la prima infatti riuscì a guadagnare 1.297.000 voti rispetto alle elezioni precedenti, mentre i comunisti crebbero di ben 3.545.000 rispetto a quattro anni prima. I voti dei socialisti restarono invece sostanzialmente invariati.
In un contesto aggravato dall’uccisione, il 24 gennaio 1979, del sindacalista Guido Rossa da parte delle Brigate Rosse, il PCI celebrò il suo XV Congresso e subì poi una dura sconfitta alle elezioni anticipate del 3 giugno: il partito scese dal 34,4 al 30,4% dei voti, a fronte del 38,3% ottenuto dalla DC alla Camera. I comunisti persero voti tra i giovani, i ceti professionali e gli strati sociali disagiati. Berlinguer venne comunque eletto a Roma con oltre 238 000 preferenze e una settimana più tardi divenne europarlamentare; alle elezioni europee il PCI ottenne il 29,5%, i democristiani il 36,4% e i socialisti l’11%.
I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali».
Il 12 ottobre Berlinguer incontrò Fidel Castro in un colloquio durato sette ore, in cui il leader cubano si confermò alleato fidato dell’Unione Sovietica e ostile alla Cina che, «passata dalla parte dell’imperialismo, ha una posizione controrivoluzionaria». Due mesi più tardi si consumò tuttavia lo strappo tra PCI e URSS, a seguito delle vicende polacche. Il 15 dicembre Berlinguer, ospite della rubrica televisiva Tribuna politica, disse: «Ciò che è avvenuto in Polonia ci induce a considerare che effettivamente la capacità propulsiva di rinnovamento delle società che si sono create nell’Est europeo è venuta esaurendosi. Parlo di una spinta propulsiva che si è manifestata per lunghi periodi e che ha la sua data d’inizio nella Rivoluzione socialista dell’Ottobre. Oggi siamo giunti a un punto in cui quella fase si chiude.
Noi pensiamo che gli insegnamenti fondamentali che ci ha trasmesso prima di tutto Marx e alcune delle lezioni di Lenin conservino una loro validità; e che d’altra parte vi sia tutto un patrimonio e tutta una parte di questo insegnamento che sono ormai caduti e debbono essere abbandonati e del resto sono stati da noi stessi abbandonati con gli sviluppi nuovi che abbiamo dato alla nostra elaborazione, centrata su un tema che non era centrale in Lenin. Il tema su cui noi ci concentriamo è quello dei modi e delle forme della costruzione socialista in società economicamente sviluppate e con tradizioni democratiche, quali sono le società dell’occidente europeo. Da questo punto di vista, noi consideriamo l’esperienza storica del movimento socialista nelle due fasi fondamentali: quella socialdemocratica e quella dei paesi dove il socialismo è stato avviato sotto la direzione di partiti comunisti. Entrambe vanno superate criticamente con nuove soluzioni, cioè con quella che noi chiamiamo la terza via, terza rispetto alle vie tradizionali della socialdemocrazia e ai modelli dell’Est europeo».
Il 7 giugno 1984 Berlinguer tenne un comizio a Padova, sul palco di Piazza della Frutta, in vista delle successive elezioni europee. Durante l’intervento venne colpito da un ictus che lo costrinse a una pausa mentre si apprestava a pronunciare la frase:
«Compagni, lavorate tutti, casa per casa, strada per strada, azienda per azienda.»
pur palesemente provato dal malore, continuò il discorso fino alla fine, nonostante anche la folla, dopo i cori di sostegno, urlasse: «Basta, Enrico!». Alla fine del comizio rientrò in albergo, dove si addormentò sul letto della sua stanza, entrando subito in coma. Dopo il consulto con un medico, venne trasportato all’ospedale Giustinianeo e ricoverato in condizioni drammatiche. Morì l’11 giugno a causa di un’emorragia cerebrale. Il comunicato del sovrintendente sanitario affermò che il politico sardo era venuto a mancare alle 12:45.
Il presidente della Repubblica Sandro Pertini, che si trovava già a Padova per ragioni di Stato, si recò in ospedale per constatare le condizioni di Berlinguer. Fece in tempo a entrare in stanza per vederlo e baciarlo sulla fronte. Si impose, poche ore dopo il decesso, per trasportare la salma sull’aereo presidenziale, dicendo: «Lo porto via come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta». Commovente fu il suo saluto al funerale, il 13 giugno, al quale partecipò circa un milione di persone: il presidente si chinò con la testa sopra la bara, baciandola tra gli applausi dei presenti. Sonori fischi, che ricambiavano quelli subiti da Berlinguer al congresso socialista, si levarono invece quando Nilde Iotti citò il presidente del Consiglio Bettino Craxi, al quale precedentemente era stata impedita da Marco Berlinguer la visita al capezzale del padre. Anche coloro che erano in assoluto politicamente più distanti da Berlinguer, ovvero Giorgio Almirante e Pino Romualdi, rispettivamente segretario e presidente del Movimento Sociale Italiano, riconoscendo il rigore morale dell’avversario, parteciparono al funerale.
Suo fratello Giovanni raccontò che Enrico in fase adolescenziale coltivava la passione per i libri di filosofia, affermazione confermata da lui stesso in un’intervista del 1980: “Se mi chiede che cosa volevo fare da ragazzo e cioè prima di darmi alla politica, le rispondo il filosofo”.
Il giovane Enrico destò una buona impressione e in breve ottenne un impiego nel PCI come funzionario dirigente del lavoro giovanile nella Federazione romana, a 400 lire al mese. Enrico si trasferì a Roma insieme al fratello Giovanni e al padre e a novembre iniziò a lavorare nel movimento giovanile, che aveva sede in due appartamenti di via Nazionale 243 ed era al tempo diretto dal ventisettenne Michelino Rossi e dal venticinquenne Giulio Spallone. Si occupò inizialmente dell’ambito sindacale, poi divenne vicepresidente nazionale del movimento giovanile. Dal 18 al 23 marzo 1975 si svolse al Palazzo dello Sport di Roma il XIV Congresso del PCI, ribattezzato dai giornali il “congresso del compromesso storico”, ma già nella seconda giornata dei lavori Amintore Fanfani decise di ritirare la delegazione DC a causa delle ingerenze nelle elezioni portoghesi da parte del PCI: il partito italiano aveva infatti avuto un ruolo nella decisione del Consiglio militare della rivoluzione di escludere dalla consultazione il Partito democratico cristiano, responsabile di un tentato golpe.
Alle Elezioni politiche svoltesi domenica 20 e lunedì 21 giugno uscirono vincitori sia la DC che il PCI: la prima infatti riuscì a guadagnare 1.297.000 voti rispetto alle elezioni precedenti, mentre i comunisti crebbero di ben 3.545.000 rispetto a quattro anni prima. I voti dei socialisti restarono invece sostanzialmente invariati.
In un contesto aggravato dall’uccisione, il 24 gennaio 1979, del sindacalista Guido Rossa da parte delle Brigate Rosse, il PCI celebrò il suo XV Congresso e subì poi una dura sconfitta alle elezioni anticipate del 3 giugno: il partito scese dal 34,4 al 30,4% dei voti, a fronte del 38,3% ottenuto dalla DC alla Camera. I comunisti persero voti tra i giovani, i ceti professionali e gli strati sociali disagiati. Berlinguer venne comunque eletto a Roma con oltre 238 000 preferenze e una settimana più tardi divenne europarlamentare; alle elezioni europee il PCI ottenne il 29,5%, i democristiani il 36,4% e i socialisti l’11%.
I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali».
Il 12 ottobre Berlinguer incontrò Fidel Castro in un colloquio durato sette ore, in cui il leader cubano si confermò alleato fidato dell’Unione Sovietica e ostile alla Cina che, «passata dalla parte dell’imperialismo, ha una posizione controrivoluzionaria». Due mesi più tardi si consumò tuttavia lo strappo tra PCI e URSS, a seguito delle vicende polacche. Il 15 dicembre Berlinguer, ospite della rubrica televisiva Tribuna politica, disse: «Ciò che è avvenuto in Polonia ci induce a considerare che effettivamente la capacità propulsiva di rinnovamento delle società che si sono create nell’Est europeo è venuta esaurendosi. Parlo di una spinta propulsiva che si è manifestata per lunghi periodi e che ha la sua data d’inizio nella Rivoluzione socialista dell’Ottobre. Oggi siamo giunti a un punto in cui quella fase si chiude.
Noi pensiamo che gli insegnamenti fondamentali che ci ha trasmesso prima di tutto Marx e alcune delle lezioni di Lenin conservino una loro validità; e che d’altra parte vi sia tutto un patrimonio e tutta una parte di questo insegnamento che sono ormai caduti e debbono essere abbandonati e del resto sono stati da noi stessi abbandonati con gli sviluppi nuovi che abbiamo dato alla nostra elaborazione, centrata su un tema che non era centrale in Lenin. Il tema su cui noi ci concentriamo è quello dei modi e delle forme della costruzione socialista in società economicamente sviluppate e con tradizioni democratiche, quali sono le società dell’occidente europeo. Da questo punto di vista, noi consideriamo l’esperienza storica del movimento socialista nelle due fasi fondamentali: quella socialdemocratica e quella dei paesi dove il socialismo è stato avviato sotto la direzione di partiti comunisti. Entrambe vanno superate criticamente con nuove soluzioni, cioè con quella che noi chiamiamo la terza via, terza rispetto alle vie tradizionali della socialdemocrazia e ai modelli dell’Est europeo».
Il 7 giugno 1984 Berlinguer tenne un comizio a Padova, sul palco di Piazza della Frutta, in vista delle successive elezioni europee. Durante l’intervento venne colpito da un ictus che lo costrinse a una pausa mentre si apprestava a pronunciare la frase:
«Compagni, lavorate tutti, casa per casa, strada per strada, azienda per azienda.»
pur palesemente provato dal malore, continuò il discorso fino alla fine, nonostante anche la folla, dopo i cori di sostegno, urlasse: «Basta, Enrico!». Alla fine del comizio rientrò in albergo, dove si addormentò sul letto della sua stanza, entrando subito in coma. Dopo il consulto con un medico, venne trasportato all’ospedale Giustinianeo e ricoverato in condizioni drammatiche. Morì l’11 giugno a causa di un’emorragia cerebrale. Il comunicato del sovrintendente sanitario affermò che il politico sardo era venuto a mancare alle 12:45.
Il presidente della Repubblica Sandro Pertini, che si trovava già a Padova per ragioni di Stato, si recò in ospedale per constatare le condizioni di Berlinguer. Fece in tempo a entrare in stanza per vederlo e baciarlo sulla fronte. Si impose, poche ore dopo il decesso, per trasportare la salma sull’aereo presidenziale, dicendo: «Lo porto via come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta». Commovente fu il suo saluto al funerale, il 13 giugno, al quale partecipò circa un milione di persone: il presidente si chinò con la testa sopra la bara, baciandola tra gli applausi dei presenti. Sonori fischi, che ricambiavano quelli subiti da Berlinguer al congresso socialista, si levarono invece quando Nilde Iotti citò il presidente del Consiglio Bettino Craxi, al quale precedentemente era stata impedita da Marco Berlinguer la visita al capezzale del padre. Anche coloro che erano in assoluto politicamente più distanti da Berlinguer, ovvero Giorgio Almirante e Pino Romualdi, rispettivamente segretario e presidente del Movimento Sociale Italiano, riconoscendo il rigore morale dell’avversario, parteciparono al funerale.
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Scheda della “Memoria”
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Autore: Spi Cgil
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Data evento: 25/05/1922
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Luogo: Italia
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Tipo di raccolta: Archivio Cgil
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Contributore: Spi Cgil
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Detentore diritti: Sconosciuto
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Tipo licenza: CC0 [Dominio Pubblico]
Soggetto: Biografie
Protagonisti: Enrico Berlinguer
Persone: Berlinguer Enrico